Cenni storici
Le fibre per calcestruzzo e per l’edilizia in genere, nella concezione più ampia e generale del termine, non si possono certo definire una invenzione dei giorni nostri. In effetti è possibile considerarle antiche quanto il calcestruzzo stesso, se non addirittura precedenti! Antichi reperti di abitazioni, datati quasi 2500 A.C. e risalenti alle civiltà mesopotamiche, erano fatti di impasti di argilla ed utilizzavano la paglia come armatura… “strutturale”. Altre pratiche quali la fabbricazione di mattoni in argilla o fango, con l’aggiunta di paglia quale coesivizzante, sono state applicate sin dai tempi degli antichi Egizi. Non solo, le civiltà Inca e Maya erano solite aggiungere fibre vegetali al loro vasellame per impedire che si crepassero durante la fase di asciugatura al sole.
Le primordiali forme di calcestruzzo così come lo conosciamo oggi possono essere ricondotte alla “opus caementicium“: una tecnica costruttiva usata dagli antichi romani fin da ben prima dell’anno zero e basata sull’utilizzo di calce aerea per la produzione di malte da costruzione, perfezionata in seguito con l’introduzione di pozzolana nel composto come legante (nacquero così le malte idrauliche). Sin da quella invenzione, il calcestruzzo è stato additivato con elementi fibrosi che ne migliorassero la qualità, andando a contrastare la formazione di crepe e fessure. Esempi di calcestruzzi ed opere murarie additivate con ‘fibre’ si ritrovano nelle opere più disparate: le cosiddette fibre erano spesso costituite da materiali di risulta quali appunto paglia, fibre legnose, pelo di suini, di bovini o crine di cavallo. Sorprendentemente, la pratica di addizionare malte e intonaci con peli animali o fibre vegetali è resistita nei secoli ed era applicata (anche in Europa) addirittura fino agli inizi del XX secolo.
Lo stimolo di trovare nuove soluzioni, che potessero rispondere alle esigenze antifessurative in modo industriale e senza il ricorso ad espedienti d’ogni tipo, portarono in un primo tempo all’impiego delle fibre d’amianto e vetro. Le prime, strutturalmente una buona soluzione e ad un basso costo produttivo, introdotte negli Stati Uniti sin dalla prima metà del XX secolo, furono ovviamente abbandonate quando diventarono noti i danni che l’amianto comportava per la sulla salute umana. Le fibre di vetro furono anch’esse ufficialmente inventate negli Stati Uniti negli anni ’30, anche se vi sono indicazioni del fatto che anche in Russia, nello stesso periodo, si stava sviluppando un prodotto simile. Le fibre di vetro sono utilizzate ancora adesso come additivo per malte e conglomerati cementizi.
A partire dagli anni ’60 si svilupparono diverse altre tipologie di fibre che potessero sostituire o affiancare efficacemente quelle già presenti, possibilmente che fossero producibili industrialmente, che avessero costi contenuti e che ovviamente non avessero indesiderati effetti secondari. Da allora la ricerca nel campo delle fibre per conglomerati cementizi o a base di calce ha provato con le tecnologie più disparate: furono sviluppate fibre in acciaio, fibre di vetro, fibre vegetali, fibre sintetiche e via via fino a soluzioni quali fibre in carbonio, basalto, alluminio o kevlar. Tra le varie tipologie di fibre per calcestruzzo, considerata l’enorme diffusione che hanno tutt’ora, rivestono particolare interesse storico le fibre in acciaio e le fibre sintetiche. Delle prime possiamo affermare che sono una semplice, e nondimeno brillante, rielaborazione in forma di filamento di un materiale che è stato combinato con il calcestruzzo sin dalle prime applicazioni del cemento armato, l’armatura in acciaio appunto. Quanto alle seconde, invece, la storia risale a metà degli anni ’70, quando un ingegnere svizzero di nome Rudolf Enzler pensò di applicare i progressi fatti nello studio delle catene polimeriche al campo delle fibre per l’edilizia. Al 5° Salone delle Invenzioni di Ginevra del 1976, infatti, il “Sistema Forta-Ferro” dell’ingegner Enzler si aggiudicò la medaglia d’oro. Erano nate le prime fibre in materiale polimerico per il rinforzo del calcestruzzo.
Da allora, le fibre polimeriche si sono ritagliate un posto d’eccezione nel panorama delle fibre di rinforzo per calcestruzzo. Ovviamente, nel corso degli anni, i progressi riguardanti le fibre sintetiche non sono mancati: dalle prime fibre in polipropilene si è passati alla sperimentazione di diversi polimeri, forme, dimensioni. Alle fibre sintetiche ausiliarie si sono ‘recentemente’ aggiunte le fibre strutturali, capaci di conferire al calcestruzzo una resistenza residua post-fessurativa!
Per quanto riguarda il panorama Italiano, la storia delle fibre per calcestruzzo sintetiche ad uso commerciale inizia nel lontano 1982, anno in cui fu eseguita la prima malta premiscelata fibrorinforzata. Si trattava del rivestimento di un canale Enel a Villadossola, eseguita con una malta cementizia tixotropica, decisamente innovativa in quanto appunto fibrorinforzata e modificata con fumi di silice, messa a punto dall’ing. Edoardo Mocco.